ASS. CULTURALE NO-PROFIT LIBERO GUSTO

mercoledì 23 novembre 2011

I primi passi dell'Enogastronomo





È molto semplice fregiarsi del titolo di gastronomo, meglio ancora enogastronomo, solo per il fatto di essere un buongustaio e quindi un amante delle buona cucina, o un attento seguace della nutrita  letteratura in merito al vino e al cibo. Non basta! Esistono parametri da conoscere che non tutti i libri insegnano se non quelli specifici della didattica di enogastronomia, ormai eletta a Scienza.  Il percorso da intraprendere è impervio e faticoso ma, acquisite le fondamentali regole per un’imparziale valutazione di una qualsivoglia preparazione gastronomica, si può passare, per completare il percorso di enogastronomo, all’abbinare il cibo al suo miglior compagno, il vino. L’abbinamento cibo-vino avviene allo scopo di poter accordare le sensazioni che apprendiamo da entrambi gli alimenti assunti assieme o nell’immediatezza. Dire nel palato non sarebbe corretto, poiché le sensazioni è pur vero che vengono captate attraverso le papille gustative sparse nella cavità buccale, ma vengono intese, quindi elaborate, dal nostro cervello. Stimoli chimici sono trasformati in elettrici e assunti come sensazione dalla parte del cervello atta a questo scopo. Per capire al meglio il procedimento, occorre avere qualche nozione di fisiologia del gusto. Per approfondire l’argomento cliccate QUI.

La valutazione del cibo

Abbiamo trattato le sensazioni date dal vino nella sezione “Vino – Breve guida alla degustazione” del nostro sito. La degustazione del cibo non è da meno e si avvicina molto al sistema usato per il vino. Sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive vengono valutate alla stregua del vino ma con qualche differenza data, prevalentemente, dalla differente composizione e struttura.
Morbidezze e durezze sono percepite anche nei cibi e a queste qualità sono attribuite ulteriori macro e micro sensazioni. Per affinare una miglior sensibilità nella valutazione del cibo è opportuno studiare i singoli alimenti, assaggiandoli, masticandoli, annusandoli e studiando ogni sensazione avvertita sia in senso olfattivo, orto e retro nasale, sia gustativa, per poi passare ai piatti più elaborati.
Le sensazioni da valutare in un alimento sono:
  • ·         Sapidità – sensazione saporifera.
  • ·         Tendenza amarognola – sensazione saporifera.
  • ·         Tendenza acida – sensazione saporifera.
  • ·         Dolcezza – sensazione saporifera.
  • ·         Tendenza dolce – sensazione saporifera.
  • ·         Grassezza – sensazione tattile.
  • ·         Untuosità – sensazione tattile.
  • ·         Succulenza – sensazione tattile.
  • ·         Speziatura – sensazione gusto olfattiva.
  • ·         Aromaticità – sensazione gusto olfattiva.
  • ·         Persistenza – sensazione gusto olfattiva.


Le sensazioni saporifere sono tra le più importanti da valutare. Il nostro apparato di percezione è affinato sin dalla nascita. Il dolce, il salato, l’aspro-acido, l’amaro e l’umami sono le caratteristiche primarie alle quali siamo abituati a riconoscere in modo naturale.


Per la sapidità c’è poco da dire. È una sensazione attribuita maggiormente alla presenza di NaCl (sale da cucina) ed è una componente della durezza del cibo. La sapidità contribuisce a donare sapore a ogni cibo, ma l’eccesso, per il quale non si tratterebbe più di sapidità ma di salatura, porta sensazioni sgradevoli, quasi amare. Classici esempi sono i salumi, come coppa, pancetta, prosciutto crudo, formaggi stagionati e freschi perché essi sono trattati, per la conservazione o la produzione stessa, con abbondanti dosi di sale.




La tendenza amarognola, e non parliamo di amaro poiché se si avvertisse a tali livelli, sarebbe troppo sgradevole, è altra sensazione saporifera. Per fare un esempio, il radicchio di Treviso, il carciofo, la cicoria, gli spinaci crudi, il cacao e il caffè rendono perfettamente l’idea della tendenza amarognola, più o meno spiccata, che si potrebbe avvertire in un alimento vegetale tale e quale. Si avverte perfino in alcune spezie quali il pepe nero o in alcuni oli extravergine d’oliva, che, sebbene il livello di percezione resti basso, lasciano un fondo di amaro. La tendenza amarognola si avverte anche in alimenti di origine animale dopo cottura specialmente a forte calore, come filetti di carne o pesce alla griglia, dato principalmente alla carbonizzazione di proteine e zuccheri. La percezione più o meno forte, in questo caso, è da imputare al grado di carbonizzazione della parte sottoposta all’elevata temperatura. Naturalmente quella leggera sensazione di abbrustolito è un fattore piacevole indicato appunto nella cottura alla griglia, al carbone e in tutti quei sistemi di cottura che utilizzano forte calore e brevi durate. La sensazione in oggetto, ma molto più delicata, può essere avvertita anche in alcuni dessert, come la crème brulèe o la crema catalana che, come risaputo, subiscono una caramellizzazione di uno strato di zucchero di canna posto sulla parte superiore, molto spesso ottenuta con il flambatore, quindi a fuoco vivo. Sappiamo perfettamente che lo zucchero cotto acquisisce una spiccata tendenza amarognola.


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