ASS. CULTURALE NO-PROFIT LIBERO GUSTO

martedì 21 settembre 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi





Capitolo V

Il Novecento

"Lo Stregone", Magritte, 1953
I due filoni della cucina, quella di estrazione francese, perseguita nei ristoranti di lusso dei grandi alberghi, e quella di estrazione regionale nelle osterie, continuano a essere i soli stili proposti a un'esigua fila di avventori durante i primi anni del XX secolo. I valori della cucina borghese sono ancora prerogativa delle famiglie poco avvezze a consumare pasti al di fuori delle proprie mense. Proprio in quest'epoca si diffonde l'abitudine del pranzo "fuori casa", principalmente in bettole, osterie, trattorie e ristoranti, ambienti diversi tra loro per il livello di piatti, servizi e fruitori.


Le differenze sono sostanziali: le bettole sono ambienti malfamati, dove si serve vino e a volte cibi freddi.
L'osteria è più decorosa, il servizio del vino è quello centrale ma affiancato da una cucina che propone una certa varietà di piatti caldi. Naturalmente anche l'osteria non è ambiente di alto rango, il menù è composto da pochi piatti cambiati giornalmente, come zuppe, stufati, pasta e fagioli, trippa, o nei giorni di magro, baccalà, stoccafisso o acciughe. Il servizio è ai minimi livelli e se offre qualche camera per il pernotto, è definita locanda.
Durante i primi del Novecento, secondo le usanze diffuse nell'Italia centrale più che nel resto del paese, le osterie fanno il salto di qualità. Si trasformano in locali più decorosi poiché frequentati da famiglie e quindi avventori più esigenti in merito a servizio e menù proposti. Il miglioramento qualitativo permette il cambiamento anche del nome, diventeranno trattorie o, se di livello superiore, ristoranti.
Le trattorie raggiungono, durante il periodo fascista, il massimo della diffusione, poiché la politica nazionalista porta a un atteggiamento diffidente nei confronti dello stile culinario francese e all'esaltazione del sapore genuino del piatto piuttosto che al servizio e alle salse ricercate. Con il passare del tempo si consolida, anche nei ristoranti, lo stile artusiano basato sulle ricette tradizionali, sugli eccellenti prodotti del territorio compresi i vini, e su un servizio decoroso. È proposta una cucina più semplice che quella francese, con costi più bassi e più gustosa, la quale riscontrò un gran successo in ogni ceto sociale. Il libro di Ada Boni del 1929, Il Talismano della Felicità (Colombo editore, 1999), è testimonianza di tale cambiamento.

La cucina futurista italiana

Negli anni '30 nascono Il Manifesto della cucina futurista e Il Manifesto per un'arte cucinaria imperiale, basati su principi che tentano di caratterizzare la cucina italiana attraverso l'adozione di stili totalmente nuovi, molto simili a quelli sui quali sarà improntata la Nouvelle Cuisine. Le preparazioni devono essere divertenti, artistiche, saporite e poco costose, devono creare nuove fusioni di sapori utilizzando i prodotti importati dalle nuove colonie, come il dattero con le acciughe. Il manifesto propone un superamento della cucina tradizionale, l'introduzione di nuove vivande nelle ricette vecchie. Libera l'estro creativo dei professionisti nella preparazione dei piatti, nella compilazione dei menù e nella presentazione delle vivande. In sintesi, si tentava di promuovere un'alimentazione razionale e igienista per creare un'altra arte gastronomica con caratteristiche ben precise e che potesse rispecchiare l'Italia imperiale.
"È tempo di dichiarare l'arte cucinaria nobile ed attraente quanto la poesia, la musica e l'architettura, capace di creare armonie spirituali degne di ammirazione e suscettibili di infinite evoluzioni."
Si rivoluzionano il menù e la successione delle portate con l'antipasto, una minestra di riso (la pastasciutta va abolita perché calorica e ingrassante), il trittico fritto, bollito, arrosto, seguiti dal dolce, anticipando notevolmente la cucina destrutturata. Si anticipa anche la cucina fusion degli anni '60 con l'introduzione nelle ricette tradizionali di prodotti esotici, come datteri, banane, cacao e caffè.
Purtroppo la seconda guerra mondiale, la distruzione di gran parte del paese e la fame, porta all'abbandono della nuova arte cucinaria, nella quale erano presenti molti dei principi della nouvelle cuisine e di altre cucine del nuovo millennio, come quella d'autore, la fusion, l'artistica, la food design, la cucina cerebrale di Ferran Adrià.
Il panorama della ristorazione italiana, nel dopoguerra fino alla fine degli anni '50, era ancora una volta, retto dalla cucina d'impronta francese nei locali di lusso, dalla cucina regionale nelle trattorie- osterie e dalla cucina borghese, d'impronta artusiana, in pochissimi locali del territorio.

Per una lettura di approfondimento sul Manifesto della cucina Futurista clicca su LINK.

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