ASS. CULTURALE NO-PROFIT LIBERO GUSTO

mercoledì 1 settembre 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi



Capitolo I








Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio,
"Bacchino malato" (1593-1594)
Galleria Borghese, Roma

Mi accingo a iniziare quest'avventura, consapevole del fatto che sarà per nulla facile, con lo spirito in linea e in piena armonia alla passione e interessi che mi accomunano come individuo con un insieme di amanti gastronomi.
Con il termine gastronomia non ci si riferisce più al termine letterale della scienza che regola le funzioni dello stomaco, ma, ormai da diversi secoli, indichiamo con tale espressione la disciplina che tratta gli aspetti tecnici, culturali e artistici nel confezionare i piatti e tutto ciò che riguarda la tavola, la mise-en-place della stessa, l'evoluzione del gusto, e il galateo inteso come "buone maniere".
Per l'uomo l'alimentazione è un fatto fisiologico e naturale, ma è anche storia, cultura, tradizioni, credenze, tabù e superstizioni. L'evoluzione dell'uomo ha portato di conseguenza anche quella del cibo con la nascita della cucina prima e della gastronomia poi, portando notevoli cambiamenti nella preparazione dei cibi, in nuove tecniche professionali alle quali sono state riconosciute qualità internazionali e innovative sia per le ricette sia per gli utensili. L'evoluzione delle nostre abitudini ci ha portato ultimamente a usare un nuovo termine, "enogastronomia", che coinvolge il vino, considerato da millenni uno dei miglior esaltatori del cibo, all'alimento.


I modelli gastronomici sono stati e continuano ed essere espressioni caratteristiche di grandi civiltà, anche se solo pochissimi ricettari sono giunti fino a noi.


Tavoletta mesopotamica con la
caratteristica scrittura cuneiforme
Il ritrovamento di numerose tavolette di argilla ha dimostrato come esistesse una complessa ed evoluta gastronomia più di 4000 anni or sono nella fertile Mezza Luna, attribuibile all'antica Mesopotamia. Si preparavano più di 300 tipi di pane. Erano apprezzati frutti come il cocco, mele, pere, fichi, melograni, uva, funghi, tartufi, olive, ed erbe aromatiche. Le carni consumate erano suine, ovine, di animali da cortile, selvaggina, pesci di mare e di acqua dolce, crostacei e molluschi. Erano preparati alcuni insaccati e almeno 20 tipi di formaggi differenti. Erano usati quotidianamente grassi da condimento quali strutto e olio di sesamo, ma il più usato e che si ritrova ancora oggi nelle abitudini alimentari arabo-turche, era un soffritto di cipolla, aglio e porro. Erano usati per arricchire il gusto delle vivande miele, diverse salse e sale. La bevanda più consumata era una sorta di birra, mentre il vino, che veniva dalle terre del Nord, Nord-Ovest, zone caucasiche scampate alle ultime glaciazioni, era molto costoso. Solo i ceti più abbienti e i sacerdoti potevano permetterselo. La cultura Mesopotamica conosceva le tecniche della riduzione e concentrazione dei sapori. La cucina di corte dell'impero assiro-babilonese può essere considerata la prima enogastronomia del pianeta. Da allora, due concezioni culinarie proseguiranno in parallelo: da una parte la costosa gastronomia dell'elite basata sulle tecniche professionali e sulla creatività dei cuochi, dall'altra la cucina popolare incentrata sui prodotti del territorio e sull'esperienza delle ricette.


L'alimentazione degli Egizi, Fenici, Ittiti ed Ebrei, 4000 anni fa, o meglio quella dei ceti più ricchi, si basava su cereali, ortaggi, latticini, ovini, pesci, frutta, birra e vino per come ci perviene dalle raffigurazioni murali e i ritrovamenti di resti di cibo nelle tombe. Le ricette erano trascritte da medici e sacerdoti che però omettevano le tecniche di preparazione, il che fa pensare ad una cucina non particolarmente elaborata e raffinata.



Tavola raffigurante un mandarino cinese
Una grande gastronomia giunta fino ai nostri giorni quasi del tutto intatta è quella mandarina cinese, basata su rigide tecniche di preparazione, mentre è molto elastica rispetto agli ingredienti. Altra caratteristica distintiva è l'alternanza dei sapori, le regola delle molte portate con piccole porzioni e il principio dei piatti preparati prima per essere ammirati e poi per essere gustati. Il miracolo che ha permesso al modello mandarino cinese di giungere fino ai nostri giorni è appunto l'esistenza di una letteratura gastronomica per merito dei funzionari statali, per l'appunto i mandarini, che erano scrittori, poeti e buongustai, i quali inventarono anche molte ricette. L'alta cucina cinese è, infatti, chiamata imperiale o mandarina ed ha influenzato tutte le cucine dell'Estremo Oriente.


Grazie a molti testi letterari diverse ricette e descrizioni di mense ci sono pervenute, soprattutto dalla Magna Grecia, informandoci sulle abitudini degli antichi Greci e di tutti i popoli del mediterraneo dal IV secolo a. C.. Archestrato di Gela ha lasciato alcune ricette di pesce cotto al forno all'uso siciliano, sulla brace, fritto e bollito. Per friggere e soprattutto per condire si usava l'olio d'oliva oltre che all'aceto, sale, erbe aromatiche e formaggi. Le cotture, brevi e semplici, ci fanno pensare ad una cucina sana e saporita indirizzata all'eccellenza territoriale, simile a quella tradizionale dell'Italia meridionale.


Apicio, intorno alla metà del I secolo d.C., scrive il "De Re Coquinaria", ampliata in intorno al IV secolo, descrivendo minuziosamente la grande enogastronomia romana del periodo imperiale. Piatti di animali provenienti da Africa, Europa, Medio ed Estremo Oriente come gru, beccafichi, colombi selvatici, struzzi, fenicotteri e pappagalli erano presentati nei menù dei patrizi romani. Amanti dei prodotti tipici, i Romani si rifornivano di rombi a Ravenna e ad Ancona, triglie in Spagna, spigole in Turchia, tartufi in Marocco, spezie in India e molti altri prodotti da altrettanti luoghi. Nel periodo Imperiale la frugalità della cucina repubblicana era ormai divenuta un lontano ricordo. I condimenti usati erano il "defritum", mosto cotto antenato del nostro aceto balsamico e il liquamen o "garum", salsa preparata con pesci e interiora degli stessi macerati sotto sale, oltre a diverse salse legate con farina. Piatti di pasta, lagane simili alle lasagne moderne, insaccati (lucaniche), crostoni di fegatini, piatti di cervella appena scottate, polli preparati in diverse maniere, lepri ripiene, ovini cotti nei più svariati modi, maialini in porchetta, pesci rari, ostriche e frutti di mare imbandivano le tavole dei triclini, e il tutto era innaffiato con vini più o meno aromatizzati. La spezia più usata era il pepe, molto più raro lo zenzero, mentre lo zafferano e la cannella erano usati molto più dalle donne come cosmetici assieme al burro. Contrariamente a quanto si pensi, i Romani amavano molto i vegetali e le erbe aromatiche, il grasso più impiegato era l'olio d'oliva che Apicio distingue in buono e in verde, quest'ultimo più pregiato e prodotto con olive raccolte anticipatamente. Le regoli di tale gastronomia erano la somma di molti sapori e la mescolanza di dolce e salato, l'uso abbondante di erbe aromatiche e di salse a base acida stemperate in aceto o agresto, succo di uva acerba schiacciata e aromatizzata, oltre a quelle prodotte con pesci di mare o addizionate di sale, miele e mosto cotto come dolcificanti.
Il vino era servito dai sommelier dell'epoca, gli "haustatores", che hanno lasciato un decalogo sulla tecnica della degustazione. Si può parlare di una gastronomia ricercata ed evoluta tanto da influenzare la cucina basso-medievale europea e quella araba. Il I secolo d.C. può essere considerato il primo grande periodo dell'enogastronomia occidentale.


La gastronomia araba prende sicuramente spunto da quella dell'Impero Romano d'Oriente e dell'Impero Persiano a sua volta erede della gastronomia mesopotamica, tanto da essere considerata figlia. Influenzerà la cucina cortese europea, in particolare quella spagnolo-catalana ed italiana, dopo il 1000 d.C., come confermano i libri di cucina medievale pubblicati in Italia nel XIII secolo e quelli del XIV secolo in Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra e Germania. Agli Arabi è legittimamente attribuita l'importazione di riso, carciofo, zucchero, melanzana, spinaci e molte altre coltivazioni.

Continua con il: Capitolo II

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