ASS. CULTURALE NO-PROFIT LIBERO GUSTO

mercoledì 20 ottobre 2010

La storia in tavola - Guida alla cultura gastronomica nei tempi


Capitolo VI


Gli anni '60



Vincenzo Campi, "Mangiatori di ricotta"
fine 1500, Musée des Beaux-Arts di Lione
Il Novecento è il secolo che vede i più veloci cambiamenti sociali di tutta la storia dell'uomo. Gli sconvolgimenti dovuti alle guerre, la necessità di riformulare e rinnovare l'economia, di ricostruire materialmente le città, gli assetti politici e sociali, permettono il rinnovamento e l'avvio verso la nuova era. Nel decennio tra la metà del 1960 e il 1970, la fine della mezzadria, il tumultuoso processo d'industrializzazione, l'abbandono in massa delle campagne verso le città, l'arricchimento di larghi strati di popolazione con il conseguente aumento della qualità della vita e la richiesta sempre maggiore di servizi professionali, causano la crisi delle trattorie che vedono rallentamenti nella reperibilità dei prodotti tipici, alla base della loro stessa politica ristorativa. Grazie alla cultura enogastronomica, perpetrata da molte associazioni al fine di creare figure professionali ben definite in ambito ristorativo, si definisco i nuovi sistemi di servizio con una particolare attenzione al vino e la conseguente trasformazione di modeste trattorie in ristoranti di qualità dove, in parte, si recuperavano e si valorizzavano i prodotti tipici del territorio.

 
La Nouvelle Cuisine

 
Negli anni '60 la cucina professionale francese, rappresentata da quella classica di Carême, poi dall'internazionale di Escoffier, attraversa un periodo di grande crisi. L'appariscenza dei piatti e la pesantezza delle preparazioni, aggravata da cotture lunghe e da salse troppo grasse, non rientrano più nei gusti dell'uomo moderno. Alcuni cuochi attingono dalla cucina del "Sol Levante" tecniche nuove per rinnovare la propria, scegliendo cotture più brevi, salse più leggere, diminuzione della quantità di cibo e diversa estetica del piatto. Tali novità sono immediatamente apprezzate da un vasto numero di persone, tanto da carpire l'attenzione di giornalisti del settore, Gault e Millot, che scriveranno nel 1973: "Oggi è morta la cucina tradizionale francese ed è nata la nuova cucina".
In realtà, la nouvelle cuisine, rappresentava un rimodernamento della cucina tradizionale, basata su principi in parte enunciati nel manifesto della cucina futurista italiana degli anni '30.
Semplificazione del menù con riduzione del numero delle portate ed eliminazione della terminologia incomprensibile, menù giornaliero stilato in base ai prodotti del mercato, riduzione dei tempi di cottura, utilizzo di strumenti d'avanguardia come microonde, bollitori a temperatura controllata e miscelatori, sostituzione delle salse grasse con quelle più leggere, disposte non più sul cibo ma a specchio, particolare attenzione per i principi dietetici e salutistici, creatività nella preparazione delle ricette e nella presentazione dei piatti, furono tutti i punti cardine della nuova cucina francese. Questa fu presentata, forse con troppa enfasi, come rivoluzionaria e si diffuse in tutto il mondo dell'alta ristorazione compreso nei paesi protestanti, che da secoli non avevano più accettato modelli culinari provenienti dai paesi cattolici. Anche in Italia, soprattutto in quella del nord, lo stile francese si estende a macchia d'olio. Con il passare del tempo il nuovo stile diventò una moda, e come si sa, le mode sono passeggere. Il periodo glorioso della nouvelle cuisine termina negli anni '80. Nel 1985 lo stesso Gault ne decretò la morte scrivendo " La nouvelle cuisine ha terminato il suo corso", ma tentò ugualmente di ripetere il successo lanciando un nuovo modello, la cuisine ouverte (aperta), che rappresentava una via di mezzo tra la nouvelle e l'alta cucina francese. Purtroppo il nuovo modello dell'ouverte non riuscì a decollare. Frutto dell'idea di un giornalista non fu sentito da chi realmente operava in cucina.
Le cause della fine della nouvelle cuisine furono principalmente attribuibili alla mancanza di coerenza con i principi enunciati, perché, invece dei prodotti stagionali, se ne usavano alcuni costosi e francesi, come il foie gras alsaziano, i volatili di Bresse, l'agnello della Normandia, le ostriche, il salmone crudo, i gamberi di mare, il tartufo del Périgord, e molti altri. Inoltre, gli artefici della nouvelle, che erano indubbiamente dei grandi professionisti, seguirono l'onda senza possedere le tecniche e le conoscenze adeguate, credendo potesse bastare solo copiare le ricette dei cuochi geniali ideatori di tale stile, o inserire nei menù prodotti francesi. La monotonia delle proposte ha stancato i clienti, insieme a prezzi troppo elevati, giustificati in parte dalla presenza numerosa degli addetti alle cucine che si adoperavano per la preparazione di piatti perfetti. A questo si devono aggiungere le porzioni troppo piccole, e l'uso delle cotture brevi che anticipavano un po' troppo il gusto del crudo, al quale i consumatori occidentali non erano ancora abituati. Alla nouvelle cuisine si deve attribuire però l'importanza della ristrutturazione e dello svecchiamento della gastronomia classica e l'evoluzione del gusto degli occidentali, aprendo la via alla cucina del nuovo millennio.

 

La risposta italiana alla nouvelle cuisine
Il disprezzo per la cucina italiana era diffuso e proclamato. I cuochi italiani, improvvisati interpreti del nuovo modello, si adoperavano in provocazioni esagerate al fine di sminuire e umiliare i vecchi canoni gastronomici. Negli anni '70 arriva la reazione con la nascita di una nuova associazione, che vede un gran numero di adesioni tra i professionisti nazionali, Linea Italia in cucina. L'obiettivo era di coniugare l'innovazione discreta con la tradizione, cercando la perfezione delle esecuzioni e la raffinatezza del gusto, senza alterare il sapore genuino dei cibi. Si traeva ispirazione dalla letteratura storico – classica, adattando le ricette dei tempi gloriosi alle nuove esigenze e seguendo la tradizione della cucina borghese artusiana, colta, fine, delicata e signorile. Si arrivò così a una cucina alleggerita e aggiornata, con cotture né troppo lunghe né troppo brevi, una notevole diminuzione dei grassi animali e delle salse troppo pesanti, sostituite da altre più leggere a base di legumi e olio d'oliva, da presentazioni di buon gusto senza pretese artistiche, porzioni non abbondanti ma nemmeno ridotte. Infine un buon rapporto qualità/prezzo che non penalizzava né il cliente né la professionalità del ristoratore. Dopo lo scioglimento di Linea Italia in cucina, questo modello fu portato avanti da una nuova associazione professionale, l'ORPI (Ordine Ristoratori Professionisti Italiani), riuscendo a valicare i confini nazionali e portando la proposta italiana a essere la più praticata e gettonata in tutto il mondo. A tale proposito qualcuno ha parlato di Nuovo Rinascimento della cucina italiana.
Dopo la fine della nouvelle cuisine e un periodo di enorme confusione, le nuove tendenze dell'alta cucina si liberano da ogni identità nazionale assumendo aspetti mondiali, in sintonia con il processo di globalizzazione economica.