ASS. CULTURALE NO-PROFIT LIBERO GUSTO

mercoledì 23 novembre 2011

I primi passi dell'Enogastronomo





È molto semplice fregiarsi del titolo di gastronomo, meglio ancora enogastronomo, solo per il fatto di essere un buongustaio e quindi un amante delle buona cucina, o un attento seguace della nutrita  letteratura in merito al vino e al cibo. Non basta! Esistono parametri da conoscere che non tutti i libri insegnano se non quelli specifici della didattica di enogastronomia, ormai eletta a Scienza.  Il percorso da intraprendere è impervio e faticoso ma, acquisite le fondamentali regole per un’imparziale valutazione di una qualsivoglia preparazione gastronomica, si può passare, per completare il percorso di enogastronomo, all’abbinare il cibo al suo miglior compagno, il vino. L’abbinamento cibo-vino avviene allo scopo di poter accordare le sensazioni che apprendiamo da entrambi gli alimenti assunti assieme o nell’immediatezza. Dire nel palato non sarebbe corretto, poiché le sensazioni è pur vero che vengono captate attraverso le papille gustative sparse nella cavità buccale, ma vengono intese, quindi elaborate, dal nostro cervello. Stimoli chimici sono trasformati in elettrici e assunti come sensazione dalla parte del cervello atta a questo scopo. Per capire al meglio il procedimento, occorre avere qualche nozione di fisiologia del gusto. Per approfondire l’argomento cliccate QUI.

La valutazione del cibo

Abbiamo trattato le sensazioni date dal vino nella sezione “Vino – Breve guida alla degustazione” del nostro sito. La degustazione del cibo non è da meno e si avvicina molto al sistema usato per il vino. Sensazioni saporifere, tattili e gusto olfattive vengono valutate alla stregua del vino ma con qualche differenza data, prevalentemente, dalla differente composizione e struttura.
Morbidezze e durezze sono percepite anche nei cibi e a queste qualità sono attribuite ulteriori macro e micro sensazioni. Per affinare una miglior sensibilità nella valutazione del cibo è opportuno studiare i singoli alimenti, assaggiandoli, masticandoli, annusandoli e studiando ogni sensazione avvertita sia in senso olfattivo, orto e retro nasale, sia gustativa, per poi passare ai piatti più elaborati.
Le sensazioni da valutare in un alimento sono:
  • ·         Sapidità – sensazione saporifera.
  • ·         Tendenza amarognola – sensazione saporifera.
  • ·         Tendenza acida – sensazione saporifera.
  • ·         Dolcezza – sensazione saporifera.
  • ·         Tendenza dolce – sensazione saporifera.
  • ·         Grassezza – sensazione tattile.
  • ·         Untuosità – sensazione tattile.
  • ·         Succulenza – sensazione tattile.
  • ·         Speziatura – sensazione gusto olfattiva.
  • ·         Aromaticità – sensazione gusto olfattiva.
  • ·         Persistenza – sensazione gusto olfattiva.


Le sensazioni saporifere sono tra le più importanti da valutare. Il nostro apparato di percezione è affinato sin dalla nascita. Il dolce, il salato, l’aspro-acido, l’amaro e l’umami sono le caratteristiche primarie alle quali siamo abituati a riconoscere in modo naturale.


Per la sapidità c’è poco da dire. È una sensazione attribuita maggiormente alla presenza di NaCl (sale da cucina) ed è una componente della durezza del cibo. La sapidità contribuisce a donare sapore a ogni cibo, ma l’eccesso, per il quale non si tratterebbe più di sapidità ma di salatura, porta sensazioni sgradevoli, quasi amare. Classici esempi sono i salumi, come coppa, pancetta, prosciutto crudo, formaggi stagionati e freschi perché essi sono trattati, per la conservazione o la produzione stessa, con abbondanti dosi di sale.




La tendenza amarognola, e non parliamo di amaro poiché se si avvertisse a tali livelli, sarebbe troppo sgradevole, è altra sensazione saporifera. Per fare un esempio, il radicchio di Treviso, il carciofo, la cicoria, gli spinaci crudi, il cacao e il caffè rendono perfettamente l’idea della tendenza amarognola, più o meno spiccata, che si potrebbe avvertire in un alimento vegetale tale e quale. Si avverte perfino in alcune spezie quali il pepe nero o in alcuni oli extravergine d’oliva, che, sebbene il livello di percezione resti basso, lasciano un fondo di amaro. La tendenza amarognola si avverte anche in alimenti di origine animale dopo cottura specialmente a forte calore, come filetti di carne o pesce alla griglia, dato principalmente alla carbonizzazione di proteine e zuccheri. La percezione più o meno forte, in questo caso, è da imputare al grado di carbonizzazione della parte sottoposta all’elevata temperatura. Naturalmente quella leggera sensazione di abbrustolito è un fattore piacevole indicato appunto nella cottura alla griglia, al carbone e in tutti quei sistemi di cottura che utilizzano forte calore e brevi durate. La sensazione in oggetto, ma molto più delicata, può essere avvertita anche in alcuni dessert, come la crème brulèe o la crema catalana che, come risaputo, subiscono una caramellizzazione di uno strato di zucchero di canna posto sulla parte superiore, molto spesso ottenuta con il flambatore, quindi a fuoco vivo. Sappiamo perfettamente che lo zucchero cotto acquisisce una spiccata tendenza amarognola.


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domenica 9 ottobre 2011

Fisiologia del gusto


Sensazioni elicitate dal cibo e dalle bevande nella nostra bocca


Ogni volta che mastichiamo o ingoiamo qualcosa, molte molecole volatili si disperdono nell’aria all’interno della bocca e raggiungono le cavità nasali attivando i recettori olfattivi. Queste vengono definite “sensazioni olfattive retronasali”.  Sensazioni gustative e olfattive vengono allora unite insieme dal nostro sistema percettivo in una metasensazione che passa sotto il nome di Sapore (Flavor). Un buon esempio, che ci aiuta a capire come olfatto e gusto lavorino strettamente insieme a formare le sensazioni di sapore, è l’alterazione nel sapore dei cibi dovuta meramente alla occlusione delle vie nasali!

Una prova interessante è quella di mangiare qualcosa turandosi il naso per poi rilasciarlo proprio prima di inghiottire il boccone. Se ciò avviene con la cioccolata, essa avrà il sapore di una tavoletta di zucchero non raffinato mentre dopo avrà il buon vecchio sapore di cioccolata!

Il cibo nella nostra bocca elicita anche altri tipi di sensazioni come quelle somatosensoriali, di temperatura, di dolore ecc… Le sensazioni di sapore, anche se dovute, come abbiamo visto, alla collaborazione di due sistemi sensoriali (olfattivo e gustativo) vengono sempre associate a quest’ultimo. Curiosamente, soggetti che hanno deficit nelle percezioni gustative (ma normali capacità olfattive), possono riconoscere l’odore di determinati piatti come le lasagne, ma, una volta ingerite, riportano che queste non hanno alcun sapore. Un altro deficit può essere creato in laboratorio anestetizzando la corda timpanica (chorda tympani), il nervo cranico numero 5 che veicola le informazioni dei recettori del gusto al cervello. I soggetti sottoposti a ciò percepiscono i sapori come provenire dalla bocca ma solo dalla parte contralaterale l’anestesia. Studi sulle connessioni fra gusto e olfatto sono stati condotti negli ultimi anni anche tramite tecniche di brain imaging. Questi hanno dimostrato che il cervello elabora gli odori in maniera diversa a seconda che questi provengano dal naso o dalla bocca.
Le relazioni fra olfatto retronasale e ortonasale non sono ancora ben compresi. Quello che è noto è che una avversione appresa per via retronasale si estende spesso anche all’olfatto ortonasale. L’industria alimentare conosce molto bene queste interazioni fra gusto e olfatto, se per esempio si vuole aumentare la sensazione di pera in un succo (alla pera!), si alza il livello di zucchero (si altera cioè meramente la percezione del gusto) perché questo intensifica anche la percezione olfattiva della pera! Quando il cibo viene ingerito, la masticazione disgrega i componenti dei cibi in molecole che vengono disciolti nella saliva. Queste molecole arrivano alle papille gustative (taste bud), formazioni incorporate in piccoli rigonfiamenti chiamate papille che rivestono tutta la lingua (la retina del gusto!), e ogni papilla gustativa, la cui forma ricorda la sezione di una arancia, contiene un certo numero di recettori gustativi. Quando una sostanza (ogni recettore è sensibile ad un piccolo sottoinsieme di tutte le sostanze ingeribili) a cui il recettore è sensibile lo attiva, il segnale viene trasdotto e veicolato al cervello attraverso uno dei nervi cranici.




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sabato 4 giugno 2011

La Sicilia alternativa…quella della Birra




Abbiamo sempre affermato che preservare la tradizione difende ciò che è l'identità di un popolo, valorizzando quello che ci appartiene di diritto con l'orgoglio delle proprie radici. Naturalmente parliamo di enogastronomia di tipo mediterraneo, di prodotti tipici e tradizionali, degli alimenti principi della nostra alimentazione atavica, olio, vino, frumento, formaggi, ecc. (vedi elenco PAT), che perfeziona l'economia agroalimentare dei nostri luoghi. Un mondo innovativo, a conferma che ogni società è propensa alla crescita solo in condizione di apertura al nuovo, è degno del nostro interesse. Un prodotto che, nell'immaginario collettivo deriva erroneamente dalle popolazioni nordiche, conquista sempre più consensi tra i consumatori, la birra.
La Sicilia innovativa, quella che crede fermamente nella crescita e nello sviluppo, si appresta alle nuove tendenze con grande professionalità. Una serie di sorprese si presentano alla nostra attenzione, regalandoci il piacere della scoperta. Produttori di birra locale, appassionati, cultori della dissetante e nutriente bevanda, si affacciano verso un mercato, che spesso è considerato di solo svago e divertimento, ma che implica conoscenza e dedizione, a volte esercitando in location di particolare effetto e atmosfera.





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giovedì 2 giugno 2011

La Cucina di Marco Gavio Apicio nella Roma Imperiale


La gastronomia ha la sua storia. Milioni di pagine scritte in ogni lingua e migliaia di alimenti e pietanze descritte in trattati di ogni era e da molteplici autori.
Lingue considerate morte o poco diffuse, antiche e moderne, racchiudono il significato più importante di tutti i tempi, il modo di procacciarsi il cibo, di nutrirsi. Il soggetto di tale argomento è la fame, quella che Plinio il Vecchio descrive come l'unico contorno al cibo, quel soggetto che viene solo intuito nei trattati di storia e mai palesemente descritto e menzionato se non in alcuni generi di letteratura non troppo contemplata, la letteratura di viaggio per fare un esempio.
Un'altra faccia della situazione grave nella storia dell'umanità è rappresentata dai trattati che descrivono la gastronomia come arte, come espressione dell'ingordigia propria dei ceti più abbienti, l'espressione della magnificenza delle classi alte, dei ricchi, dei nobili.
Dobbiamo ringraziare tali usanze che, se sotto l'aspetto etico e morale potrebbero indignarci, soddisfano a pieno la nostra curiosità su cosa potesse essere l'alimentazione del passato. La vera storia della gastronomia è da sempre scritta da quelle classi di potere che ci hanno dato in eredità le più svariate ricette, le più fastose e succulente pietanze di ogni epoca.
Chi era Apicio...?

Sebbene sia un articolo da Loggia dei Gastronomi, preferiamo lasciarlo nella sua stesura completa sul nostro sito dell'Associazione Culturale Libero Gusto. Il layout del sito aiuta alla navigazione...

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lunedì 9 maggio 2011

L'oro liquido





L’olio d’oliva

Antonino Sancarlo - PALERMO - ALBERO D'ULIVO SECOLARE



La storia dell’olivo ci riporta alle origini più varie: era conosciuto da Assiri e Babilonesi. Inoltre nelle varie civiltà fu associato a diverse divinità: fu la dea Iside a dare in dono l’olivo agli Egiziani; fu Atena a fare nascere dalla terra la prima pianta per i Greci; per gli Ebrei l’ulivo era noto dai tempi di Adamo. Infatti, quando questi mori, a 930 anni[1], e venne seppellito vicino al monte Tabor, sulla sua tomba, dai semi che provenivano dall’albero del Bene e del Male e che il figlio Seth aveva posto fra le sue labbra, germinarono tre arboscelli: un ulivo, un cedro e un cipresso[2].


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Galateo della tavola


L'etichetta prevede che...

Antonio Gionima 1697-1732 - Il Banchetto di Cleopatra


È usuale sentir nominare la parola “galateo”, e, in effetti, la maggior parte della gente che usa tale termine si riferisce a una serie di regole comportamentali da seguire soprattutto in società.
Che cosa è il galateo ?
È un insieme di regole non scritte, che molte volte possono trovarsi sotto forma di trattati scritti, inerenti al comportamento. I suoi sinonimi sono “etichetta” “bon ton”.



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sabato 7 maggio 2011

Archestrato di Gela


Raffigurazione della mescita del vino in GreciaDopo l’improvvisa scomparsa della civiltà micenea nel tredicesimo secolo a.C., forse causata dall’ondata migratoria dei Dori, vi fu un periodo di decadenza (Medioevo ellenico). A partire dall’ottavo secolo a.C. ebbe inizio una lenta ripresa in tutta la Grecia, che portò ad un progressivo aumento della popolazione. In seguito alla rivoluzione agricola, che permise l’incremento demografico, sorsero città-stato politicamente autonome chiamate «poleis». La scarsità di terra da coltivare indusse molti centri, come Corinto ed Eritrea, a inviare gruppi di cittadini in zone lontane dell’Asia Minore dell’Italia meridionale e della Sicilia.


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martedì 22 marzo 2011

Frivolezze Mediterranee



La pasta phillo è una specialità di origine mediterranea, molto usata in Grecia e Turchia. È preparata con farina di frumento tenero (Triticum aestivum) di tipo "00", olio d'oliva, acqua e, in base alla loro destinazione se dolci o salate, zucchero o sale. La particolarità è nella sua preparazione, deve essere stirata fino a renderla semi trasparente. Una volta ottenute le sfoglie sottili, andranno ad essere sovrapposte spennellando di olio la parte superiore di quella sottostante, in modo tale da ottenere in cottura una sorta di "pasta sfoglia" croccante e delicata, pronta a contenere le più svariate farciture. Potranno essere cotte in forno o fritte e addirittura cotte al vapore [...]


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lunedì 21 febbraio 2011

GUSTI SOMMERSI - Il Limone Interdonato




"Una storia quindi abbastanza recente, se comparata alla presenza plurisecolare della limonicoltura in Sicilia, iniziata allorché dall'eroe dell'epopea garibaldina, il colonnello Giovanni Interdonato, che ebbe i natali in Nizza di Sicilia e ne fu anche Sindaco. In una sua proprietà nella valle del fiume Nisi, in contrada Reitana del Comune di Alì Terme, dove ancora oggi esistono le piante madri., […] si adoperò per diffonderlo e valorizzarlo, considerata la sua eccezionale resistenza al mal secco degli agrumi e il particolare periodo di produzione e maturazione, settembre-ottobre, quando sul mercato non si avevano prodotti concorrenti. La tradizione, testimoniata da numerose fonti, tra cui Arena (1927) e Ruggeri (1931), attesta che col nome "Interdonato" è chiamato un ibrido d'innesto di cedro e limone, ottenuto negli anni compresi tra il 1875 e il 1880 dal Col. Giovanni Interdonato nel suo agrumeto in contrada Reitana di Alì Terme......

 
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domenica 20 febbraio 2011

Il Marsala



Il vino liquoroso che rappresenta maggiormente la Sicilia e l’Italia, è senz'altro il “Marsala”. Le origini della viticultura nell'isola siciliana si possono far risalire ai Fenici e ai Cartaginesi, ai quali spetta l’onore di aver diffuso la coltivazione della vite in tutto il mar Mediterraneo. A testimonianza di quanto affermiamo vi sono gli scavi archeologici, specialmente della minuscola isola di Mozia nella riserva dello Stagnone, che riportano alla luce anfore con base appuntita destinate al trasporto del vino via mare. L’invenzione e la successiva fortuna del Marsala, si deve ad un inglese verso il 1770, l’armatore di Liverpool John Woodhouse, commerciante in potassa . Avendo un ottimo fiuto per gli affari e considerando il vino siciliano ricco di corpo e alcol, Woodhouse capì che sarebbe piaciuto ai suoi conterranei. Decise cosi di commercializzarlo, ma il trasporto via mare a quell'epoca non poteva garantire la salute del vino, per evitare che si potesse alterare, aggiunse del whisky....



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lunedì 14 febbraio 2011

Obesità: piaga sociale



 
    Gravi problemi affliggono l'uomo della società avanzata, tra cui meritano particolare attenzione i problemi inerenti la sfera nutrizionale.
Negli ultimi anni si è manifestato un notevole interesse da parte di numerose equipe mediche nei confronti dei disturbi del comportamento alimentare e delle conseguenze che quest'ultimo ha sulla salute fisica e psicologica.
L'obesità è uno dei principali disturbi del comportamento alimentare ed è considerata una "sindrome clinica" in quanto rappresenta un elevato fattore di rischio per la salute dell'uomo e compromette,anche, le relazioni psico-sociali. Secondo alcune statistiche condotte in tutta Europa, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità,è stato rilevato che questa malattia colpisce circa il 30% della popolazione mondiale e causa una mortalità annua di circa 320.000 persone....


          
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sabato 29 gennaio 2011

Considerazioni sull’alimentazione macrobiotica


Intorno agli anni '80, l'incidenza delle malattie del ricambio, quali obesità, diabete mellito, arteriosclerosi, ipercolesterolemia, stipsi, diverticolosi, cancro del colon-retto e disturbi cardiovascolari, aumenta visibilmente rispetto a tempi precedenti. Le "malattie dell'uomo moderno" si generano in parallelo al cambiamento degli stili di vita nei Paesi a sviluppo avanzato, in contrapposizione alle statistiche registrate nei Paesi poveri che vedono un pressoché invariato mutamento. Il consumo eccessivo di alimenti proteici e lipidici di origine animale e l'allontanamento dalla propria dieta di quelli vegetali allargano la piaga della società moderna.
In effetti, nel corso della storia, le tendenze alimentari seguono le situazioni sociali, economiche, le mode, e ci pare di intuire, anche grazie alle poche testimonianze mediche pervenuteci, che i malanni dell'era moderna non siano esclusivi dell'ultimo secolo.
Quello che avviene nel basso medioevo, in Europa, è una sostanziale mutazione delle pietanze presentate in tavola in associazione al decentramento del potere temporale succeduto alle popolazioni dell'Europa del centro-nord, come le popolazioni germaniche. Predilezione verso le carni supportata da un progressivo allontanamento degli alimenti di origine vegetale, stabiliscono un regime alimentare esageratamente ricco di proteine e grassi animali che si persegue fino all'alto-medioevo, soprattutto tra le genti più abbienti. In quest'ultimo periodo vi è un ritorno d'attenzione verso gli alimenti quali grano, vino e olio che furono e sono tuttora l'ossatura del modello alimentare di tipo mediterraneo. Questa, che non si può esclusivamente definire modello alimentare ma comprende l'insieme delle abitudini di vita, è il regime dell'età dell'oro, quando greci e latini governavano e imponevano con il proprio esempio "regole sane" per un miglior stile di vita.    (continua------>)


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mercoledì 26 gennaio 2011

Associazione Culturale no-profit Libero Gusto


L'Associazione Culturale no-profit Libero Gusto nasce per valorizzare il patrimonio della nostra Terra, la Sicilia. È un'Associazione di fatto, libera, apartitica, apolitica e senza fini di lucro.
Partendo dai prodotti enogastronomici, percorre itinerari storici, artistici, scientifici, geografici, sociali e più in generale culturali. Fornirà indicazioni su percorsi formativi scolastici, post-scolastici, professionali, universitari nel settore alimentazione, nutrizione, ristorazione soprattutto in ambito regionale. Promuoverà la cultura enogastronomica in ogni sua espressione con professionalità e impegno costante, certi di soddisfare la curiosità e la voglia di conoscenza dei tanti appassionati. Tra gli obiettivi ci sono quelli di sostenere la "qualità" nel settore agroalimentare, ristorativo, formativo; si prefigge di realizzare servizi ed eventi con fini di solidarietà sociale. È aperta a tutti coloro che nutrano gli stessi interessi istituzionali proponendosi come luogo di incontro virtuale e fisico.

"La Sicilia di Verga, Pirandello e Sciacca si trasforma e si proietta nel futuro, ma noi siamo convinti che proprio quest'ultimo, per avere delle basi solide e migliori, debba necessariamente ricorrere al passato".

Ad Maiora
Il Presidente
Ivan Vinci

Per ogni altra delucidazione si rimanda al sito dell'Associazione Culturale no-profit Libero Gusto sul quale è possibile visionare lo statuto, i partner e altro ancora.

sabato 1 gennaio 2011

Alla mensa di Gesù



I cibi e le bevande sono indissolubilmente legati all'uomo, un legame forte che affonda le proprie radici nella storia più antica del mondo e di tutti i suoi abitanti. Evolvono da mezzo di sostentamento, assumendo nel tempo un ruolo sempre più importante tra i popoli. Osserviamo troppo spesso l'evoluzione della cucina, quella moderna, tanto da dimenticare che quello che noi conosciamo deriva da una tradizione di millenni, senza esagerazione.
Facendo passi in dietro nella storia si svela l'evoluzione e lo scambio culturale, che avviene ogni qual volta si attraversi una frontiera, è una delle fondamentali basi per l'arricchimento individuale e sociale. Il cibo è l'oggetto con il quale ci si imbatte più spesso e diventa soggetto di tutti i tempi.
Una terra considerata centrale nel panorama enogastronomico mediterraneo, l'Israele ha una consistenza di tradizioni ineguagliabile.
Le strade di Gerusalemme accolgono i propri visitatori con odori pungenti e inebrianti del cumino e cardamomo. I fumi di pesce fritto in salsa speziata invadono i sentieri delle sponde del Mar di Galilea. Le strade di Gerico sono colorate dalla frutta lucida e succosa. Oli aromatizzati, vini densi, carni lavorate secondo le rigide regole alimentari ebraiche, rappresentano anche loro il fascino della terra che ha dato i natali a Gesù riproponendo i colori, gli odori ed i sapori della sua tavola. Il panorama enogastronomico della Terra Santa accoglie una nutrita rappresentanza di prodotti e per avere un'idea di quali essi possano essere basta sfogliare una guida d'eccezione, la Bibbia.
Cucina Ashkenazita
L'Israele è abitata da una variegata popolazione proveniente dall'Europa dell'Est, dal Commonwealth, dal Nord Africa portandosi dietro usi e costumi, alimentari e non, sviluppati nei paesi d'origine, ma anche arabi la cui influenza si percepisce nelle preparazioni vendute in ogni angolo di strada, le falafel polpette di ceci; l'hummus, purea di ceci, olio e limone; la tahine, stessa consistenza della precedente specialità, con pasta di semi di sesamo per ingrediente principale; la tabbouleh, semola condita con un'insalata di pomodoro e prezzemolo. Proprio grazie alla provenienza dei suoi abitanti, che portano le proprie pietanze sviluppatesi in 3000 anni di storia altrove, gli alimenti tradizionali prendono due distinti nomi: la cucina Ashkenazita (Ashkenaz è il nome della regione franco-tedesca bagnata dal fiume Reno), che rimanda agli immigrati ebrei provenienti dall'Europa dell'Est e Centrale, con accenti più dolci; la cucina Sefardita (1) che si riferisce alle tradizioni gastronomiche degli immigrati provenienti dal Medio Oriente e dall'Europa dell'Ovest e per questo ricca di erbe aromatiche e spezie.



Tipica cucina Sefardita



Gesù Cristo, ebreo osservante


Pane d'orzo condito con olio d'oliva e pesce essiccato o arrostito doveva essere il più delle volte l'alimentazione di Gesù. Nei Vangeli non si citano ricette ma si specifica ripetutamente ciò che la tavola e i banchetti rappresentavano per tradizione, il mezzo per rafforzare i legami delle famiglie e della comunità in genere. La tavola imbandita è il luogo attorno al quale si stabilivano le politiche di ogni sorta, le alleanze e le decisioni importanti. I commensali attingevano il pane nel piatto comune e spesso era il padrone stesso a offrire il boccone agli ospiti. I banchetti erano alle volte imposti dalla Legge, un esempio è quello della Pasqua, regolati fin nei minimi particolari. Gesù stesso partecipa frequentemente ai banchetti, da Zaccheo (2) il pubblicano, nella casa di un fariseo (3), dall'amico Lazzaro, e alla tavola dei discepoli di Emmaus dopo la resurrezione. Per le nozze di Cana, un banchetto nuziale, inaugura i miracoli con la trasformazione dell'acqua in vino (4). È usuale che Gesù raccontasse ai commensali durante i pasti le sue parabole e molto spesso si riferisce a usanze legate alla tavola, come il vitello grasso ammazzato dal padre (5), il lievito della massaia nascosto nella farina (6), il vino nuovo che rompe gli otri vecchi (7).
Durante l'ultima cena Gesù offre se stesso agli uomini sotto forma di pane e vino, così facendo istituisce l'Eucarestia.
Veduta di Geruslaemme

La Legge stabiliva intricatissime prescrizioni già consolidate al tempo di Gesù e arricchite nei secoli dalle riflessioni dei rabini. Così è verosimile che non tutto il pescato, principale companatico dell'epoca, potesse far parte delle pietanze consumate: anguille, molluschi, crostacei, frutti di mare e, purtroppo anche il pesce azzurro con alcune eccezioni, non avendo né pinne, né squame, erano e sono tuttora considerati "tarèf" (non conformi alla legge), assieme al maiale, al cammello, al cavallo, al coniglio, agli animali carnivori di qualsiasi genere.
Kashèr, ossia conformi alla Legge, sono gli animali con lo zoccolo spaccato, come gli ovini, i caprini e i bovini.
La baklava, un dolce di origine turca. Pasta phyllo
ripiena di noci e servita con sciroppo di zucchero.
La forte tradizione dettata dalla Toràh (i primi cinque libri della Bibbia AT), ancora oggi è alimentata attraverso le famose macellerie Kashèr dove persone qualificate, addestrate per anni e aggiornate continuamente, svolgono il rito della macellazione, la Shechità (8). L'halakhà, la regola, proibisce qualsiasi pratica che causi eccessiva sofferenza all'animale e impone che il sangue venga quasi del tutto eliminato dalla carcassa poiché è proibito cibarsi del sangue degli animali in quanto simbolo della vita. Altri particolari indicativi, come l'eliminazione del nervo sciatico, rientrano nel rito della macellazione kashèr in ricordo della ferita inferta dall'Angelo a Giacobbe (9).
Succo di melagrane
Sono molte le prescrizioni sul consumo di animali, molto meno dovevano essere per le genti di 2000 anni fa. La carne per i poveri era consuetudine solo per le festività o eventi religiosi, dove era preferita quella del vitello, ma più spesso ci si accontentava di agnelli e capretti. Una proverbiale pietanza era l'agnello pasquale che doveva essere arrostito con una serie di melagrane infilate in bocca e servito con le "erbe amare", cioè lattuga selvatica o cicoria o la cosiddetta serpentaria, in ricordo dell'amarezza patita durante la schiavitù in Egitto.
Un tradizionale divieto era imposto al consumo di carne e latticini contemporaneamente: "Non cuocere il capretto nel latte di sua madre" (10).
Anche il pane prendeva il ruolo di status con differenti preparati più o meno costosi: il pane d'orzo per i poveri e quello di frumento per i ricchi. Diversi tipi di pane lievitato e non sono citati nelle Scritture: il kikar o pagnotta; la challah, una focaccia; i matzot o pani azzimi tipici per la Pasqua; i nikkudim, biscotti; il rakik o cialda. Ancora oggi sono usate, in alcuni villaggi arabi e nella città vecchia di Gerusalemme, le tecniche di panificazione antiche con le quali si cuocevano le forme di pane, modellate a torta schiacciata, sui fianchi e all'interno di forni a forma convessa e su carboni accesi.
Una necessaria menzione va all'unico dolcificante dell'epoca, il miele. Non era d'api ma piuttosto uno sciroppo dolce ricavato dai fichi, datteri, carrube o uva e di cui gli ebrei erano ghiotti tanto da aggiungerlo al vino. Una piccola curiosità raccontata dai Vangeli dice che nella solitudine del deserto Giovani Battista si nutriva di locuste e miele selvatico (11).
Spezie vendute nei mercati
Per un piatto di lenticchie Esaù cedette la sua primogenitura a Giacobbe fratello minore (12).
L'ulivo, simbolo di pace, è l'albero con i cui frutti si ottiene il condimento simbolico per definizione, l'olio d'oliva. Gli abbinamenti con le varie spezie ed erbe aromatiche erano tantissimi: capperi, cumino, senape, ruta, zafferano, coriandolo, aneto.
La bevanda sacra per eccellenza, simbolo di benessere, abbondanza e sicurezza, era il vino (13). Era stato proprio Dio a rivelare a Noè (14) come ottenerlo, secondo la tradizione. Assieme alla carne, anche il vino doveva essere kashér, solo mani ebree potevano lavorare alla sua preparazione. In generale era un vino molto denso, molto nero, ricco di alcol e tannini ed era consumato annacquato e dolcificato con miele. La Legge invitava alla moderazione e per tradizione gli ebrei ne bevono tutt'oggi quattro coppe a Pasqua, due ai matrimoni e una per festeggiare la circoncisione.
Le regole seguite dagli ebrei osservanti in merito all'alimentazione potrebbero apparire particolarmente restrittive ma sono sinonimo di sicurezza alimentare tanto da vedere le vendite mondiali dei prodotti kashér raggiungere valori per oltre 150 miliardi di dollari.
Una tradizione di condivisione legata alla tavola attraverso cui venivano, e vengono ancora, rafforzati quei legami della famiglia e della comunità che hanno fatto la storia del popolo di Israele.

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1 I Sefarditi erano detti gli ebrei abitanti la penisola iberica i quali fusero la propria cultura con i mizrahi, comunità ebraica del vicino-oriente, e i Romanioti greci, dopo l'espulsione in massa da parte dei Visigoti in Spagna e, successivamente la riconquista agli arabi, dai cattolici reali Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona.

2 Raccoglitore d'imposte in Gerico, desideroso di vedere Gesù, Luca 19,1-3; 19,5-10.

3 Simone il fariseo: Luca 7,36-50

4 Piccolo villaggio della Galilea dove Gesù compì il suo primo miracolo: Giovanni 2,1-11.

5 Parabola del padre misericordioso: Luca 15,23-24

6 Matteo 13,33; Luca 13,21

7 "La questione del digiuno": Luca 5, 37

8 Devarim 12,21 "Voi macellerete come Io vi ho comandato"

9 Genesi 32, 23-33

10 Deuteronomio 14:21 "Non mangiare alcuna carne morta da sè; dalla da mangiare al forestiero che sarà dentro alle tue porte, o vendila ad alcuno straniero; perciocché tu sei un popolo al Signore Iddio tuo. Non cuocere il capretto nel latte di sua madre" (Diodati)

11 Vangelo secondo Matteo 3,4; Marco 1,6;

12 Genesi 25,29

13 Isaia 5,1 "il cantico della vigna"

14 Genesi 9,20 "Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna…."