È molto semplice fregiarsi del titolo di gastronomo, meglio
ancora enogastronomo, solo per il fatto di essere un buongustaio e quindi un
amante delle buona cucina, o un attento seguace della nutrita letteratura in merito al vino e al cibo. Non
basta! Esistono parametri da conoscere che non tutti i libri insegnano se non
quelli specifici della didattica di enogastronomia, ormai eletta a
Scienza. Il percorso da intraprendere è
impervio e faticoso ma, acquisite le fondamentali regole per un’imparziale
valutazione di una qualsivoglia preparazione gastronomica, si può passare, per
completare il percorso di enogastronomo, all’abbinare il cibo al suo miglior compagno,
il vino. L’abbinamento cibo-vino avviene allo scopo di poter accordare le
sensazioni che apprendiamo da entrambi gli alimenti assunti assieme o
nell’immediatezza. Dire nel palato non sarebbe corretto, poiché le sensazioni è
pur vero che vengono captate attraverso le papille gustative sparse nella
cavità buccale, ma vengono intese, quindi elaborate, dal nostro cervello. Stimoli
chimici sono trasformati in elettrici e assunti come sensazione dalla parte del
cervello atta a questo scopo. Per capire al meglio il procedimento, occorre
avere qualche nozione di fisiologia del gusto. Per approfondire l’argomento
cliccate QUI.
La valutazione del cibo
Abbiamo trattato le sensazioni date dal vino nella sezione
“Vino – Breve guida alla degustazione” del nostro sito. La degustazione del
cibo non è da meno e si avvicina molto al sistema usato per il vino. Sensazioni
saporifere, tattili e gusto olfattive vengono valutate alla stregua del vino ma
con qualche differenza data, prevalentemente, dalla differente composizione e
struttura.
Morbidezze e durezze sono percepite anche nei cibi e a queste
qualità sono attribuite ulteriori macro e micro sensazioni. Per affinare una
miglior sensibilità nella valutazione del cibo è opportuno studiare i singoli
alimenti, assaggiandoli, masticandoli, annusandoli e studiando ogni sensazione
avvertita sia in senso olfattivo, orto e retro nasale, sia gustativa, per poi
passare ai piatti più elaborati.
Le sensazioni da valutare in un alimento sono:
- ·
Sapidità –
sensazione saporifera.
- ·
Tendenza amarognola
– sensazione saporifera.
- ·
Tendenza acida –
sensazione saporifera.
- ·
Dolcezza –
sensazione saporifera.
- ·
Tendenza dolce –
sensazione saporifera.
- ·
Grassezza –
sensazione tattile.
- ·
Untuosità –
sensazione tattile.
- ·
Succulenza –
sensazione tattile.
- ·
Speziatura –
sensazione gusto olfattiva.
- ·
Aromaticità –
sensazione gusto olfattiva.
- ·
Persistenza –
sensazione gusto olfattiva.
Le sensazioni saporifere sono tra le più importanti da
valutare. Il nostro apparato di percezione è affinato sin dalla nascita. Il
dolce, il salato, l’aspro-acido, l’amaro e l’umami sono le caratteristiche
primarie alle quali siamo abituati a riconoscere in modo naturale.
Per la sapidità c’è poco da dire. È una sensazione attribuita
maggiormente alla presenza di NaCl (sale da cucina) ed è una componente della
durezza del cibo. La sapidità contribuisce a donare sapore a ogni cibo, ma
l’eccesso, per il quale non si tratterebbe più di sapidità ma di salatura,
porta sensazioni sgradevoli, quasi amare. Classici esempi sono i salumi, come
coppa, pancetta, prosciutto crudo, formaggi stagionati e freschi perché essi
sono trattati, per la conservazione o la produzione stessa, con abbondanti dosi
di sale.
La tendenza amarognola, e non parliamo di amaro poiché se si
avvertisse a tali livelli, sarebbe troppo sgradevole, è altra sensazione
saporifera. Per fare un esempio, il radicchio di Treviso, il carciofo, la
cicoria, gli spinaci crudi, il cacao e il caffè rendono perfettamente l’idea
della tendenza amarognola, più o meno spiccata, che si potrebbe avvertire in un
alimento vegetale tale e quale. Si avverte perfino in alcune spezie quali il
pepe nero o in alcuni oli extravergine d’oliva, che, sebbene il livello di
percezione resti basso, lasciano un fondo di amaro. La tendenza amarognola si
avverte anche in alimenti di origine animale dopo cottura specialmente a forte
calore, come filetti di carne o pesce alla griglia, dato principalmente alla
carbonizzazione di proteine e zuccheri. La percezione più o meno forte, in
questo caso, è da imputare al grado di carbonizzazione della parte sottoposta
all’elevata temperatura. Naturalmente quella leggera sensazione di abbrustolito
è un fattore piacevole indicato appunto nella cottura alla griglia, al carbone
e in tutti quei sistemi di cottura che utilizzano forte calore e brevi durate.
La sensazione in oggetto, ma molto più delicata, può essere avvertita anche in
alcuni dessert, come la crème brulèe o la crema catalana che, come risaputo,
subiscono una caramellizzazione di uno strato di zucchero di canna posto sulla parte
superiore, molto spesso ottenuta con il flambatore, quindi a fuoco vivo.
Sappiamo perfettamente che lo zucchero cotto acquisisce una spiccata tendenza
amarognola.
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