sabato 1 gennaio 2011

Alla mensa di Gesù



I cibi e le bevande sono indissolubilmente legati all'uomo, un legame forte che affonda le proprie radici nella storia più antica del mondo e di tutti i suoi abitanti. Evolvono da mezzo di sostentamento, assumendo nel tempo un ruolo sempre più importante tra i popoli. Osserviamo troppo spesso l'evoluzione della cucina, quella moderna, tanto da dimenticare che quello che noi conosciamo deriva da una tradizione di millenni, senza esagerazione.
Facendo passi in dietro nella storia si svela l'evoluzione e lo scambio culturale, che avviene ogni qual volta si attraversi una frontiera, è una delle fondamentali basi per l'arricchimento individuale e sociale. Il cibo è l'oggetto con il quale ci si imbatte più spesso e diventa soggetto di tutti i tempi.
Una terra considerata centrale nel panorama enogastronomico mediterraneo, l'Israele ha una consistenza di tradizioni ineguagliabile.
Le strade di Gerusalemme accolgono i propri visitatori con odori pungenti e inebrianti del cumino e cardamomo. I fumi di pesce fritto in salsa speziata invadono i sentieri delle sponde del Mar di Galilea. Le strade di Gerico sono colorate dalla frutta lucida e succosa. Oli aromatizzati, vini densi, carni lavorate secondo le rigide regole alimentari ebraiche, rappresentano anche loro il fascino della terra che ha dato i natali a Gesù riproponendo i colori, gli odori ed i sapori della sua tavola. Il panorama enogastronomico della Terra Santa accoglie una nutrita rappresentanza di prodotti e per avere un'idea di quali essi possano essere basta sfogliare una guida d'eccezione, la Bibbia.
Cucina Ashkenazita
L'Israele è abitata da una variegata popolazione proveniente dall'Europa dell'Est, dal Commonwealth, dal Nord Africa portandosi dietro usi e costumi, alimentari e non, sviluppati nei paesi d'origine, ma anche arabi la cui influenza si percepisce nelle preparazioni vendute in ogni angolo di strada, le falafel polpette di ceci; l'hummus, purea di ceci, olio e limone; la tahine, stessa consistenza della precedente specialità, con pasta di semi di sesamo per ingrediente principale; la tabbouleh, semola condita con un'insalata di pomodoro e prezzemolo. Proprio grazie alla provenienza dei suoi abitanti, che portano le proprie pietanze sviluppatesi in 3000 anni di storia altrove, gli alimenti tradizionali prendono due distinti nomi: la cucina Ashkenazita (Ashkenaz è il nome della regione franco-tedesca bagnata dal fiume Reno), che rimanda agli immigrati ebrei provenienti dall'Europa dell'Est e Centrale, con accenti più dolci; la cucina Sefardita (1) che si riferisce alle tradizioni gastronomiche degli immigrati provenienti dal Medio Oriente e dall'Europa dell'Ovest e per questo ricca di erbe aromatiche e spezie.



Tipica cucina Sefardita



Gesù Cristo, ebreo osservante


Pane d'orzo condito con olio d'oliva e pesce essiccato o arrostito doveva essere il più delle volte l'alimentazione di Gesù. Nei Vangeli non si citano ricette ma si specifica ripetutamente ciò che la tavola e i banchetti rappresentavano per tradizione, il mezzo per rafforzare i legami delle famiglie e della comunità in genere. La tavola imbandita è il luogo attorno al quale si stabilivano le politiche di ogni sorta, le alleanze e le decisioni importanti. I commensali attingevano il pane nel piatto comune e spesso era il padrone stesso a offrire il boccone agli ospiti. I banchetti erano alle volte imposti dalla Legge, un esempio è quello della Pasqua, regolati fin nei minimi particolari. Gesù stesso partecipa frequentemente ai banchetti, da Zaccheo (2) il pubblicano, nella casa di un fariseo (3), dall'amico Lazzaro, e alla tavola dei discepoli di Emmaus dopo la resurrezione. Per le nozze di Cana, un banchetto nuziale, inaugura i miracoli con la trasformazione dell'acqua in vino (4). È usuale che Gesù raccontasse ai commensali durante i pasti le sue parabole e molto spesso si riferisce a usanze legate alla tavola, come il vitello grasso ammazzato dal padre (5), il lievito della massaia nascosto nella farina (6), il vino nuovo che rompe gli otri vecchi (7).
Durante l'ultima cena Gesù offre se stesso agli uomini sotto forma di pane e vino, così facendo istituisce l'Eucarestia.
Veduta di Geruslaemme

La Legge stabiliva intricatissime prescrizioni già consolidate al tempo di Gesù e arricchite nei secoli dalle riflessioni dei rabini. Così è verosimile che non tutto il pescato, principale companatico dell'epoca, potesse far parte delle pietanze consumate: anguille, molluschi, crostacei, frutti di mare e, purtroppo anche il pesce azzurro con alcune eccezioni, non avendo né pinne, né squame, erano e sono tuttora considerati "tarèf" (non conformi alla legge), assieme al maiale, al cammello, al cavallo, al coniglio, agli animali carnivori di qualsiasi genere.
Kashèr, ossia conformi alla Legge, sono gli animali con lo zoccolo spaccato, come gli ovini, i caprini e i bovini.
La baklava, un dolce di origine turca. Pasta phyllo
ripiena di noci e servita con sciroppo di zucchero.
La forte tradizione dettata dalla Toràh (i primi cinque libri della Bibbia AT), ancora oggi è alimentata attraverso le famose macellerie Kashèr dove persone qualificate, addestrate per anni e aggiornate continuamente, svolgono il rito della macellazione, la Shechità (8). L'halakhà, la regola, proibisce qualsiasi pratica che causi eccessiva sofferenza all'animale e impone che il sangue venga quasi del tutto eliminato dalla carcassa poiché è proibito cibarsi del sangue degli animali in quanto simbolo della vita. Altri particolari indicativi, come l'eliminazione del nervo sciatico, rientrano nel rito della macellazione kashèr in ricordo della ferita inferta dall'Angelo a Giacobbe (9).
Succo di melagrane
Sono molte le prescrizioni sul consumo di animali, molto meno dovevano essere per le genti di 2000 anni fa. La carne per i poveri era consuetudine solo per le festività o eventi religiosi, dove era preferita quella del vitello, ma più spesso ci si accontentava di agnelli e capretti. Una proverbiale pietanza era l'agnello pasquale che doveva essere arrostito con una serie di melagrane infilate in bocca e servito con le "erbe amare", cioè lattuga selvatica o cicoria o la cosiddetta serpentaria, in ricordo dell'amarezza patita durante la schiavitù in Egitto.
Un tradizionale divieto era imposto al consumo di carne e latticini contemporaneamente: "Non cuocere il capretto nel latte di sua madre" (10).
Anche il pane prendeva il ruolo di status con differenti preparati più o meno costosi: il pane d'orzo per i poveri e quello di frumento per i ricchi. Diversi tipi di pane lievitato e non sono citati nelle Scritture: il kikar o pagnotta; la challah, una focaccia; i matzot o pani azzimi tipici per la Pasqua; i nikkudim, biscotti; il rakik o cialda. Ancora oggi sono usate, in alcuni villaggi arabi e nella città vecchia di Gerusalemme, le tecniche di panificazione antiche con le quali si cuocevano le forme di pane, modellate a torta schiacciata, sui fianchi e all'interno di forni a forma convessa e su carboni accesi.
Una necessaria menzione va all'unico dolcificante dell'epoca, il miele. Non era d'api ma piuttosto uno sciroppo dolce ricavato dai fichi, datteri, carrube o uva e di cui gli ebrei erano ghiotti tanto da aggiungerlo al vino. Una piccola curiosità raccontata dai Vangeli dice che nella solitudine del deserto Giovani Battista si nutriva di locuste e miele selvatico (11).
Spezie vendute nei mercati
Per un piatto di lenticchie Esaù cedette la sua primogenitura a Giacobbe fratello minore (12).
L'ulivo, simbolo di pace, è l'albero con i cui frutti si ottiene il condimento simbolico per definizione, l'olio d'oliva. Gli abbinamenti con le varie spezie ed erbe aromatiche erano tantissimi: capperi, cumino, senape, ruta, zafferano, coriandolo, aneto.
La bevanda sacra per eccellenza, simbolo di benessere, abbondanza e sicurezza, era il vino (13). Era stato proprio Dio a rivelare a Noè (14) come ottenerlo, secondo la tradizione. Assieme alla carne, anche il vino doveva essere kashér, solo mani ebree potevano lavorare alla sua preparazione. In generale era un vino molto denso, molto nero, ricco di alcol e tannini ed era consumato annacquato e dolcificato con miele. La Legge invitava alla moderazione e per tradizione gli ebrei ne bevono tutt'oggi quattro coppe a Pasqua, due ai matrimoni e una per festeggiare la circoncisione.
Le regole seguite dagli ebrei osservanti in merito all'alimentazione potrebbero apparire particolarmente restrittive ma sono sinonimo di sicurezza alimentare tanto da vedere le vendite mondiali dei prodotti kashér raggiungere valori per oltre 150 miliardi di dollari.
Una tradizione di condivisione legata alla tavola attraverso cui venivano, e vengono ancora, rafforzati quei legami della famiglia e della comunità che hanno fatto la storia del popolo di Israele.

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1 I Sefarditi erano detti gli ebrei abitanti la penisola iberica i quali fusero la propria cultura con i mizrahi, comunità ebraica del vicino-oriente, e i Romanioti greci, dopo l'espulsione in massa da parte dei Visigoti in Spagna e, successivamente la riconquista agli arabi, dai cattolici reali Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona.

2 Raccoglitore d'imposte in Gerico, desideroso di vedere Gesù, Luca 19,1-3; 19,5-10.

3 Simone il fariseo: Luca 7,36-50

4 Piccolo villaggio della Galilea dove Gesù compì il suo primo miracolo: Giovanni 2,1-11.

5 Parabola del padre misericordioso: Luca 15,23-24

6 Matteo 13,33; Luca 13,21

7 "La questione del digiuno": Luca 5, 37

8 Devarim 12,21 "Voi macellerete come Io vi ho comandato"

9 Genesi 32, 23-33

10 Deuteronomio 14:21 "Non mangiare alcuna carne morta da sè; dalla da mangiare al forestiero che sarà dentro alle tue porte, o vendila ad alcuno straniero; perciocché tu sei un popolo al Signore Iddio tuo. Non cuocere il capretto nel latte di sua madre" (Diodati)

11 Vangelo secondo Matteo 3,4; Marco 1,6;

12 Genesi 25,29

13 Isaia 5,1 "il cantico della vigna"

14 Genesi 9,20 "Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna…."


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